Santa Eustochia Smeralda Calafato

A Messina, nell’antica Chiesa monumentale del Monastero di Montevergine, in via XXIV Maggio, si trova esposto il Corpo di Santa Eustochia Smeralda dalla vita meravigliosa. Rimasto incorrotto per un miracolo del Signore, da cinque secoli, brunito dal tempo, con la mano destra dalle dita contratte in benedizione perpetua, veglia sulla città e sul fiorente Monastero da Lei fondato. Santa Eustochia Calafato, al secolo Smeralda, di ricca e nobile famiglia messinese, nacque nel villaggio Annunziata, il 25 marzo 1434, in una misera mangiatoia a somiglianza di nostro Signore e di S. Francesco d’Assisi.

L’intera sua vita, iniziata in circostanze tanto singolari, è un meraviglioso tessuto di toccanti avvenimenti, costellato di miracoli e manifestazioni prodigiose sino al momento del Suo glorioso transito. Ancora bambina, mostrò con chiari segni di quali grazie il Signore l’avesse colmata e quale sarebbe stata la vita che avrebbe scelto. Col crescere in età ed in perfezione di vita, trascorreva in orazioni anche parte della notte e si dedicava alle opere di carità verso i poveri, nei quali ravvisava la figura di nostro Signore.

Dopo aver superato, a prezzo di lunghe e dure lotte, ogni resistenza del padre e dei fratelli, sconvolgendo tutti i loro progetti, che la volevano collocata fastosamente nel mondo brillante di allora, ed a cui la chiamavano la rara bellezza, la ricchezza e la nobiltà, riuscì a vestire l’abito di S. Chiara nel Monastero di S. Maria di Basicò, retto dalla regola di S. Chiara, già mitigata dal Pontefice Urbano IV nel 1264.

La Santa, ispirata dal movimento di riforma suscitato in Sicilia dal Beato Matteo di Agrigento, bramava conformare la sua vita religiosa allo spirito di perfetta osservanza della prima regola di S. Chiara e, superando ostacoli di ogni genere, poté al fine ottenere dal Pontefice Callisto III, in data 20 ottobre 1457, una Bolla con la concessione di erigere un Monastero di primitiva osservanza- l’unico in tutta la Sicilia- e l’autorizzazione di potervisi trasferire con tre o quattro suore di sua scelta.

 

 

Acquistato un vecchio ospedale, detto di S. Maria Accomandata, e ricevuta l’autorizzazione dallo stesso Pontefice Callisto III, con Bolla del 15 aprile 1458, per l’adattamento del fabbricato a Monastero, vi si trasferì con una consorella non più tardi del mese di novembre l460. Successivamente, in seguito al crollo del tetto della chiesa e di parte del fabbricato, la Santa, unitamente alla sua comunità di dodici suore, dovette trasferirsi, tra il maggio c l’agosto del 1464, in una casa offertale da Bartolomeo Ansalone, nella località ove sorge l’attuale Monastero, e che, con l’acquisto di altre abitazioni adiacenti, formerà con queste un unico complesso, denominato Monte delle Vergini, e più propriamente, in onore della Madonna, Monte della Vergine.

Il 20 gennaio 1485, a mezzogiorno, il glorioso transito della Santa ne chiuse la vita terrena interamente spesa a servizio e gloria del Signore.

Luminoso esempio di perfezione religiosa, gelosa custode dell’osservanza della regola e specialmente della santa Povertà, specchio di ogni virtù eroicamente esercitata, si distingueva per l’ardente amore a Gesù Eucaristia, rimanendo perduta in adorazione del Corpo di Cristo per molte ore del giorno e della notte.

 

Il Monastero di Montevergine, dove la rigida osservanza della prima regola di S. Chiara è sempre stata considerata un privilegio, è l’unico Monastero di clausura rimasto nella Diocesi di Messina. Nella sua Chiesa è in permanenza esposto, di giorno, all’adorazione dei fedeli, il SS. Sacramento, mentre di notte l’adorazione è ininterrottamente proseguita dalle Clarisse.

 

Il Corpo incorrono della Santa Fondatrice è venerato da folle di devoti, che si affidano alla Sua intercessione per ottenere le grazie di cui abbi sognano, mentre la valida protezione della Santa sulla città, specie durante le calamità pubbliche, è ufficialmente riconosciuta.

Le massime Autorità cittadine, ancora oggi, infatti, convengono nella Chiesa di Montevergine in occasione delle festività del 22 agosto di ogni anno, in adempimento di un antico voto del Senato Messinese, per assistere al Divino Sacrificio, rendere omaggio all’illustre Clarissa ed offrire 38 libbre di cera lavorata.

A tale particolare protezione è legato uno dei miracoli della storia della Santa. Correva l’anno 1615 e la città era percossa, notte e giorno, da spaventose scosse di terremoto, tanto che Autorità e popolo implorarono a Montevergine l’intercessione della Santa, invitando le suore a pregare a tal fine. Le Clarisse tolsero il Corpo dall’oratorio, dove lo tenevano custodito, e lo sistemarono nel coro, nel suo vecchio stallo.

Mentre stavano per iniziare le orazioni della sera, il Corpo incorrotto da quasi due secoli schiuse improvvisamente le labbra, intonando il primo verso di un salmo dell’Ufficio, che le suore, atterrite e commosse, continuarono piangendo, notando come il venerato capo si chi nasse al «Gloria Patri». Da quell’istante i terremoti ebbero termine.

Alla costante protezione sulla città si aggiunge la Sua presenza ininterrotta fra le Sue Figlie spirituali, le quali ricevono segni chiari ed inequivocabili, con cui la Santa manifesta la sua volontà, le avverte su ciò che sta per accadere, le ammonisce. Sicché si può dire che, anche dopo la morte, Ella continua ad essere l’Abbadessa del Monastero.

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Le massime Autorità cittadine, ancora oggi, infatti, convengono nella Chiesa di Montevergine in occasione delle festività del 22 agosto di ogni anno, in adempimento di un antico voto del Senato Messinese, per assistere al Divino Sacrificio, rendere omaggio all’illustre Clarissa ed offrire 38 libbre di cera lavorata.

A tale particolare protezione è legato uno dei miracoli della storia della Santa. Correva l’anno 1615 e la città era percossa, notte e giorno, da spaventose scosse di terremoto, tanto che Autorità e popolo implorarono a Montevergine l’intercessione della Santa, invitando le suore a pregare a tal fine. Le Clarisse tolsero il Corpo dall’oratorio, dove lo tenevano custodito, e lo sistemarono nel coro, nel suo vecchio stallo.

Mentre stavano per iniziare le orazioni della sera, il Corpo incorrotto da quasi due secoli schiuse improvvisamente le labbra, intonando il primo verso di un salmo dell’Ufficio, che le suore, atterrite e commosse, continuarono piangendo, notando come il venerato capo si chi nasse al «Gloria Patri». Da quell’istante i terremoti ebbero termine.

Alla costante protezione sulla città si aggiunge la Sua presenza ininterrotta fra le Sue Figlie spirituali, le quali ricevono segni chiari ed inequivocabili, con cui la Santa manifesta la sua volontà, le avverte su ciò che sta per accadere, le ammonisce. Sicché si può dire che, anche dopo la morte, Ella continua ad essere l’Abbadessa del Monastero.

S. Eustochia è stata canonizzata a Messina, l’11 giugno 1988, dal Papa San Giovanni Paolo II, in presenza dell’Episcopato Siciliano e di una folla esultante.

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Papa Giovanni Paolo II presiede la Messa di Canonizzazione di S. Eustochia a Messina